Attualità

Prima unione civile gay a Fasano, parlano i due giovani: «Il nostro matrimonio un atto di denuncia»

Mariagrazia Semeraro
Michele e Stefano
A Fasano verrà celebrata la prima unione civile il prossimo 11 dicembre tra Stefano Semeraro, 18enne di Ostuni, e Michele Savoia, 23enne fasanese
scrivi un commento 134

A Fasano verrà celebrata la prima unione civile tra due ragazzi dello stesso sesso il prossimo 11 dicembre. Ad aver presentato richiesta, Stefano Semeraro, 18enne di Ostuni, e Michele Savoia, 23enne fasanese.

L’11 dicembre sarà una data importante per Fasano e una grande opportunità per coltivare l’amore e la tutela dei diritti delle persone, in una città dove ancora oggi il tema delle unioni civili, così come anche il tema dell’accoglienza degli extracomunitari, risulta un tabù, sebbene l’Amministrazione comunale (c’è da riconoscerlo) stia spianando la giusta strada nei campi della cultura e dell’integrazione. D’altronde, come ci si può vergognare di rispettare le persone, la loro identità e le loro scelte?

Dialogando con Stefano, l’amore forte e il passo importante alla sua giovane età mi hanno meravigliato, ma lui mi ha rapita con i suoi discorsi e la sua maturità: «Anche a noi sorprende di sposarci giovanissimi, ma questo gesto è per dare coraggio a tutti i ragazzi e le ragazze che siano lesbiche o gay che ancora hanno paura di uscire allo scoperto, perché purtroppo viviamo ancora in una città che deride ed emargina ragazzi assolutamente comuni. Parliamo di semplice omofobia e ignoranza che costruiscono un muro nella testa delle persone. L’unica arma a nostra disposizione è la conoscenza, per questo invito tutte le persone a non fermarsi davanti all’apparenza di ogni singola persona, al colore della pelle, al sesso, alla condizione fisica e psicologica. Siate aperti, la rivoluzione inizia da ognuno di noi, per questo il nostro matrimonio è la migliore denuncia contro tutte quelle persone che ancora oggi pensano che non sia giusto, per due ragazzi dello stesso sesso, amarsi e rispettarsi».

Come hanno preso i vostri genitori e i vostri amici la vostra scelta?

«I nostri genitori hanno reagito nella maniera più normale e dolce che si potesse desiderare, non hanno mai avuto divergenze sul fatto che fossimo due ragazzi, ma giustamente volevano solo essere sicuri del fatto che volessimo sposarci e impegnarci. Gli amici sono ancora più contenti, ma alcuni membri della famiglia, con molto dispiacere da parte nostra, si sono rifiutati di accettare il nostro matrimonio. A tutte quelle persone rispondiamo con un sorriso e il buonumore, perché è questo il comportamento da emarginare e denunciare».

L’auspicio è che il vostro gesto sia d’impatto per la società, in modo tale da avere un’apertura e tutele maggiori verso quelli che oggi sono considerati “diversi”: lgbt, extracomunitari, disabili. Quali potrebbero essere delle soluzioni per rendere Fasano più open-minded?

«L’omofobia non è un’opinione: è violenza e discriminazione. Per combattere l’omofobia credo che sia necessario chiedersi a che cosa serva. Il fatto che esista e che sia così diffusa, soprattutto tra gli adolescenti, dovrebbe portarci a chiederci quali funzioni assolve, a quali bisogni, impropriamente, risponde, per poter offrire delle valide alternative. Credo in particolare che l’omofobia s’innesti all’incrocio di due vuoti specifici: la mancanza di una cultura del piacere, del corpo e del contatto da un lato, e il bisogno di appartenenza, ad un gruppo e alle sue norme, dall’altro. Dobbiamo tenere presenti entrambi questi livelli per poter fare qualcosa di realmente efficace. I giovani non hanno occasioni, modelli e spazi di confronto per parlare non solo di omosessualità ma anche di sessualità che raramente viene compresa all’interno dei programmi educativi e formativi. Non parlare di omosessualità evoca messaggi negativi tanto quanto il parlarne. Il giovane, etero o omo che sia, impara che su questo argomento è meglio tacere. Combattere l’omofobia parte, prima ancora che da interventi specifici volti a ridurla, proprio dal nominare l’omosessualità. Questo è possibile farlo se, contemporaneamente, si tiene presente il bisogno dei ragazzi di individuare valori di riferimento con cui identificarsi. Solo con questa sicurezza possono accogliere la differenza non come una minaccia alla loro identità».

Perché avete scelto Fasano?

«Abbiamo scelto Fasano perché è il nostro paese. Potevamo optare per una città estera, come Barcellona, dove lavoriamo da due anni, solo che ci piacerebbe che le cose cambiassero qui, in Puglia e nel resto d’Italia».

giovedì 16 Novembre 2017

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti