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Badoglio, la Pantera e il 4 novembre: la vita del comandante Leonardo Latorre

Massimo Vinale
Il comandante Leonardo Latorre
Da militante in guerra a fondatore dell'Istituto di vigilanza "La Pantera": "Badoglio" è il nome "di battaglia" del comandante montalbanese Leonardo Latorre
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Consultando, ancora una volta, i preziosi archivi del Centro Studi “Il Dolmen” di Montalbano, Social Politik si imbatte in una figura singolare della seconda metà del ‘900 montalbanese (e spezialino). Molti ragazzi degli anni ’60, ’70 e ’80 del luogo ricorderanno la figura, quasi epica, austera, severa e grave di un uomo d’altri tempi, perennemente in divisa, con occhiali scuri; sempre a bordo della sua auto di servizio (una Fiat 1100 nera, ovviamente, ndr) e sempre accompagnato dal suo imperscrutabile silenzio, distaccato e autorevole, tanto da indurre soggezione. “Badoglio” è il nome “di battaglia” del comandante Leonardo Latorre, di cui, troppo in fretta, si è consumata la memoria. In comune con Pietro Badoglio, però, aveva assai poco: non era un ufficiale delle forze armate italiane; non era un sottufficiale, tantomeno un militare di professione. Con il Maresciallo d’Italia, negli anni della gioventù, ha condiviso la comune militanza nel Partito Nazionale Fascista</strong>; la campagna di occupazione in Africa settentrionale (come soldato di leva) e, forse, da simpatizzante missino, il sogno di guidare un governo militare, non molto provvisorio, come quello dell'artefice dell'armistizio di Cassibile del 8 settembre 1943.

Nonostante al comandante Latorre mancassero le stellette proprie dei militari, nessuno mai si riferirà a lui, in qualsiasi conversazione pubblica o privata, utilizzando il suo nome di battesimo; ma sempre e soltanto l’appellativo “Comandante” e/o “Badoglio”. A proposito della divisa, sempre sartoriale e su misura, il comandante Latorre ne aveva di sfavillanti, con tanto di galloni e mostrine da far invidia ad un capo di stato maggiore. Il sarto Vito Laporta ricorda la cura e la meticolosità che Badoglio metteva nel disegnare il proprio abbigliamento di servizio: «L’uniforme, per il comandante Latorre, era tutta la sua vita. Indossare il cappello d’ordinanza (a coppele, ndr) si traduceva, poi, in un impegno con il proprio onore. Curava ogni dettaglio delle sue divise. Ne aveva di diverse: da quelle operative a quelle da cerimonia. Tutte, però, dovevano avere il “taglio cavallerizzo”. I pantaloni, cioè, dovevano essere stretti dalle ginocchia in giù e bombati al polpaccio, con bande nere laterali e comunque giusti per indossare gli stivali neri e lucidi che “Mest’Attorin” (il compianto M° Ottorino Pugliese, artiere calzolaio, scomparso nel 2000 all’età di 88 anni, ndr) confezionava, su misura» con l’intelligenza delle sue mani.

Badoglio si ritaglia un “ruolo istituzionale” nella vita civile del paese, quando, nel 1960, presiede, in via Calatafimi 55 (e poi in via Quarto 2), l’associazione “Combattenti e Reduci”, il cui scopo sociale si manifesta compiutamente in occasione della “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate”. Il 4 novembre montalbanese non era, però, una semplice celebrazione; tanto meno, una ricorrenza qualsiasi. Si commemoravano gli eroi della Patria, con tanto di parata, stile “2 giugno”. Reduci e combattenti in testa, armati stavolta di Tricolore, orgoglio e corone d’alloro, guidavano un lungo corteo per le vie del paese, a cui prendevano parte persino gli ufficiali americani di stanza nell’ex base NATO di San Vito dei Normanni. Vedere gli ufficiali americani in piazza della Libertà, a Montalbano, con tanto di codazzo e auto militari al seguito, rappresentava un motivo di orgoglio per tutti. Al comandante Badoglio veniva persino riconosciuto il privilegio di essere scortato sul palco di piazza della Libertà, dove teneva il suo solenne discorso.

Ogni anno, la prolusione alla sua orazione era data dai nomi di quanti caddero nel primo e nel secondo conflitto mondiale. Ad ogni nome (22 nella guerra del ’15/’18* e 19 in quella del ’40/’45**), la piazza, gremita e partecipe, il cui silenzio era rotto solo da quello della tromba, rispondeva corale e fiera: presente! I ragazzi dell’epoca restavano ammutoliti e strabiliati di fronte a tanta solennità ed emotiva partecipazione; così da riporre le ghiande utilizzate, a dispetto, per “martellare” la gran cassa della banda musicale, incaricata, nella circostanza, di intonare inni alla Patria. Nessuno di quei ragazzi degli anni ’60, ’70 e ’80 ricorda il nome o il volto di un Sindaco, Presidente di Circoscrizione (dal 1980, ndr), Assessore o Consigliere comunale. Il 4 novembre, l’unica, vera, riconosciuta autorità era Badoglio.

Ma chi è davvero Leonardo Latorre? Perché veniva chiamato “comandante”, se non era un militare di professione? Social Politik attingendo anche dal libro di Enzo Filomena La città di Ostuni, le sue antiche magistrature, il corpo della Polizia Municipale (Arti Grafiche Pugliesi, Martina Franca 1993) prova a rispondere alle due domande con un pizzico di amarcord. Leonardo Latorre nasce a Montalbano il 13 aprile 1910. A 23 anni viene nominato guardia giurata dell’istituto di vigilanza “La Lince” di Ostuni. L’anno successivo, sebbene avesse già espletato il servizio di leva obbligatorio, viene richiamato in armi per partecipare alla campagna di occupazione in Etiopia. Si distingue in numerose azioni belliche, anche sul fronte dell’Africa settentrionale. Quando, però, il generale Pietro Badoglio, in qualità di nuovo capo del Governo, firma l’armistizio, molti militari e legionari di stanza sui diversi fronti di guerra, ormai considerati traditori, furono fatti immediatamente prigionieri dai nazisti e trasferiti in Germania. Tra loro c’era Leonardo Latorre. A guerra finita, Badoglio fu rimpatriato, così da riprendersi il posto di guardia giurata de “La Lince”. Stavolta, però, grazie all’enorme esperienza militare maturata, come “capo zona”.

A Badoglio, l’idea di continuare a ricevere ordini non piaceva granché. Così, la divisa di capo zona dell’istituto di vigilanza “La Lince” comincia a stargli stretta. La sua naturale propensione al comando, in uno con le spiccate capacità organizzative, lo porta a fondare un istituto di vigilanza tutto suo: “La Pantera”. Nel periodo, la vigilanza privata è in forte crescita; non parimenti la qualità e la professionalità del servizio. Fa eccezione “La Pantera” del comandante Latorre, il cui “esercito privato” arriva a contare circa 70 guardie giurate e a coprire i territori di Ostuni, Cisternino, Carovigno e, non ultimo, le frazioni di più a sud di Fasano. Gli agenti del comandante Latorre sono letteralmente temuti dai malviventi della zona. Anche i bracconieri delle riserve dell’agro ostunese, in particolare, evitano di cacciare di frodo nel tempo in cui, agli istituti di vigilanza, è riconosciuta la potestà di ritirare il permesso di caccia. La “famosa coppola” imponeva a Badoglio di essere intransigente con tutti. Il sarto Laporta ricorda ancora che «non c’era verso di indurlo al compromesso. Persino al figlio di un noto magistrato di Bari, in vacanza a Rosa Marina, fu ritirato il fucile, perché beccato in una zona non autorizzata alla caccia. A nulla valsero i diversi, autorevoli tentativi esperiti per comporre bonariamente la questione».

Badoglio antepone il dovere della vigilanza a qualsiasi altro presunto diritto. Il suo carattere schivo e ritirato gli consente di mantenersi sempre al di sopra delle parti. Per scelta non prenderà mai moglie. Resterà celibe per tutta la vita. L’unico vero suo amore rimane la Patria, da servire con onore e la dignità della divisa, perciò indossata come un abito sacro. Anche per questi motivi, nel 1972, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone gli conferisce l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Dopo essere stato insignito di altri importanti riconoscimenti anche all’estero, il comandante Badoglio, nel 1984, dalle mani del Presidente della Repubblica Sandro Pertini (un partigiano, ndr) riceve la Croce di Cavaliere Ufficiale della Repubblica. Badoglio, certamente, è stato ricevuto da autorità militari negli Stati Uniti; probabilmente in Virginia, al Pentagono. Notori, infatti, sono i suoi rapporti con gli ufficiali americani della NATO.

Quando il 23 febbraio 1990 indosserà, per l’ultima volta, la divisa lo farà con l’orgoglio di chi è stato fedele agli ideali della sua gioventù. Nella bara è rimasto sull’attenti, in attesa di incontrare Pietro, la prima guardia giurata della storia (cfr. Gv 18,10). Così lo ricorda Enzo Filomena, a pagina 127, del suo volume: «Il comandante Latorre, nell’animo, aveva uno spiccato senso del dovere; una propensione naturale per l’ordine e la disciplina (…). Ha dimostrato la sua fedeltà a certi principi, nella convinzione che il valore più alto che un uomo possa venerare è quello della Patria, che ha servito con dignità e profondo spirito di devozione».


* Brescia Giuseppe, Bufano Francesco, Ciaccia Leonardo, Cisternino Natale, D’Alessio Angelo, Epifani Angelo, Laporta Vincenzo, Laneve Francesco, Maglionico Giovanni, Miccoli Andrea, Mola Francesco, Mola Tommaso, Potenza Francesco, Rosato Giuseppe, Rosato Nicola, Saladino Francesco, Schiavone Leonardo, Vasta Pietro, Zaccaria Oronzo, Zaccaria Sebastiano, Zeno Giuseppe e Zizzi Luigi.

** Calamo Pasquale, Cisternino Luigi, Fanella Domenico, Fiore Giovanni, Frallonardo Francesco Leonardo, Guarini Giovanni, Guarini Pasquale, Laghezza Bartolomeo, Laghezza Domenico, Liuzzi Antonio, Masella Giacomo, Natoli Vito, Rosati Alfredo, Saladino Giuseppe, Semeraro Nicola, Semeraro Pietro, Sisto Martino, Soleto Giuseppe e Zizzi Pasquale.

domenica 23 Aprile 2017

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Leonardo Santoro
Leonardo Santoro
7 anni fa

Signori miei vi ringrazio per le belle parole rivolte a nostro zio però Leonardo Latorre è nato e vissuto a Speziale di Fasano.

Tamossi Alessandro
Tamossi Alessandro
7 anni fa

Grande personaggio,non ho avuto il piacere di conoscerlo direttamente,dico solo che se avesse avuto qualche anno in meno la Pantera non avrebbe fatto questa fine.

Gaspare Borrelli
Gaspare Borrelli
7 anni fa

R.I.P. Comandante.

Bellini Angelo
Bellini Angelo
7 anni fa

Io l'ho conosciuto come mio comandante in quanto io stesso Guardia Giurata alle sue dipendenze. Il comandante era una persona molto ligia al dovere e, dai suoi dipendenti si faceva rispettare. Io sono molto lieto di essere stato alle sue dipendenze per ben 10 anni. R.I.P. Comandante.