Luoghi della memoria

Franco Zizzi: il valore di una vita, la forza di un esempio

Rosachiara Monopoli
Commemorazione Franco Zizzi
Ieri, 23 aprile, la città di Fasano ha inaugurato la targa dedicata a Franco Zizzi nella Piazza cittadina, nuovo passo verso il fondamentale compito di tenere viva nella memoria la figura dell'eroe con la chitarra
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Franco Zizzi morì a trent’anni, il16 marzo 1978, in Via Fani, a bordo di quella Fiat 130 che avrebbe condotto l’On. Moro a firmare la fiducia al nascente governo Andreotti. Amava la chitarra, che portava sempre con sè, la fidanzata Valeria, e per sposarla aveva chiesto il trasferimento a Roma da Parma, aveva poca esperienza ma un pressante senso del dovere, che lo spinse a sostituire, quel giorno fatale, Rocco Gentiluomo, caposcorta del seguito di Aldo Moro. Lui, che non si sentiva in guerra con nessuno, dal delirio di una guerra immotivata fu strappato alla sua vita.

Basterebbe questo a capire l’esigenza che ha indotto il sindaco di Fasano, Francesco Zaccaria, a decidere di colmare, ieri 22 aprile, con l’inaugurazione di una targa commemorativa in Piazza Ciaia, «un vuoto istituzionale che ha riguardato la città di Fasano per quarant’anni, proprio adesso, quando il passato sembra ormai trapasato. Perchè la difficoltà di ricostruire il presente intorno ad un passato che si è irrimediabilmente incrinato non finisce ancora e non deve finire il sostegno che i fasanesi hanno saputo dimostrare in questi anni, compatti, al di là di ogni ideologia poltica».

Basterebbe questo a comprendere il commosso ma lucido, sincero intervento che la sorella di Franco, Adriana Zizzi, ha svolto prima di svelare la targa, raccontando un eroismo diverso da quello dell’immaginario collettivo, un eroismo per caso, quello del senso del dovere «scomodo, rischioso, che non va più di moda e che si esprime nella lealtà alle amicizie, alla famiglia, ai cittadini, allo Stato tutto». Quello in cui la misura eroica non sta nel «vincere o perdere, vivere o morire, ma nel donarsi».

La celebrazione in Piazza è continuata attraverso l’intervento di Franco Gabrielli, capo della Polizia e direttore della sicurezza nazionale e la benedizione della targa ad opera di Don Claudio Macchitella, cappellano della Polizia di Stato. In seguito la folla si è spostata al Teatro Sociale per ascoltare, oltre ad un altro intervento del capo della Polizia Gabrielli, le parole del prefetto di Brindisi Valerio Valenti e del Consigliere della regione Puglia, Fabiano Amati e per assistere al dono, alla famgilia di Franco Zizzi, di una copia della delibera del Consiglio Comunale del 16 marzo 1978. Un momento in cui la massa si è fatta autorevole, partecipativa, esattamente come quando, quarant’anni fa, ha saputo creare una “barriera civile” contro il brigatismo. Dispiace solo la presenza di pochi giovani, l’utenza primaria da sottrarre al “dovere all’oblio” imperante nella nostra società.

Tante sono state le riflessioni sulla figura dell’On. Aldo Moro, statista perchè «uomo capace di presentire le evoluzioni e le trasformazioni della società e di operare per creare i presupposti necessari ai nuovi bisogni; uomo che praticava la Politica di cui tanto c’è necessità ancora oggi, di ascolto, comprensione, comunione, unità» (Francesco Zaccaria), ma soprattutto sulle figure dei cinque eroi (Franco Zizzi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Domenico Ricci, Oreste Leonardi) che hanno saputo «frapporre il loro corpo tra il piombo e noi», come ha bene espresso Fabiano Amati con la funambolia della sua parola, «per permetterci quel patto bellissimo e salvifico che è la Politica, per regalarci la possibilità del dissenso, ma soprattutto per darci la sicurezza di dire che, anche in tempo di pace, quando l’ordine sembra forza, continuiamo a stare dalla parte della Polizia e della sicurezza, grazie all’insegnamento di coloro che vissero in tempo di guerra». Un complesso insieme di concetti che è stato tradotto in una parola, impegno, (quell’impegno che oggi ci deve contraddistinguere nella lotta al malaffare, alla corruzione, al disinteresse nei confronti delle istituzioni) dal prefetto Valerio Valenti, e in tre, dovere (la necessaria anticamera del diritto) e poi onore e disciplina, dal capo della Polizia Franco Gabrielli.

Un evento che non è stato semplice liturgia, ma un modo per ricordare, nel senso etimologico di “rifissare nel cuore”, un evento che è stato «un ridestarsi, un pugno sferratto all’innocenza di molti che ha chiamato all’impegno politico» (Amati). Perchè, per citare le parole di Moro, “questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”.

martedì 24 Aprile 2018

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