Talenti di Casa

Ninni Pepe: la fotografia concettuale tra genio, talento e (poca) perseveranza

Graziana Lacirignola
Ninni Pepe
Nella sua ultima mostra, allestita nello stand di Still presso il Mia Photo Fair, l'artista fasanese ha presentato due serie fotografiche: "the water's memory" e "the memory's trees"
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Intervista a Ninni Pepe

Per la rubrica “talenti di casa” abbiamo incontrato Ninni Pepe, talentuoso fotografo fasanese che ha partecipato a diversi progetti artistici organizzati dal famoso critico fotografico Denis Curti.

Il primo incontro con il direttore del mensile “Il Fotografo” e direttore artistico della Casa dei TRE OCI di Venezia e del Festival di Fotografia di Capri, risale al 2005 quando l’artista Fasanese porta a Milano “The men of family”, mostra personale curata proprio da Denis Curti.

Trascorrono più di dieci anni prima di ripetere l’esperienza di esporre le proprie opere fotografiche nel capoluogo lombardo; la sede è la prestigiosa galleria Still, fondata da Denis Curti, dove Ninni Pepe presenta nel 2016 “The form’s machine”, una serie di 8 grandi stampe che ritraggono il suo ventre, al quale il fotografo fa assumere diverse forme simboliche con l’imposizione delle mani.

La sua capacità di tradurre un’intima rappresentazione del suo corpo in un linguaggio fotografico artisticamente raffinato e colmo di simbolismo, esercita un impatto positivo sul direttore Curti che lo invita nuovamente ad esporre quest’anno alla fiera internazionale dell’arte dedicata alla fotografia.

In questa occasione il filo conduttore è “portatori di memoria” e l’artista fasanese presenta due serie fotografiche: “the water’s memory” e “the memory’s trees”.

G. – Come definiresti il tuo stile fotografico?

Ninni – Più che di stile parlerei di approccio, nel senso che non mi piace fotografare perché succede qualcosa, mi piace che qualcosa succeda perché io fotografo.

G. – Ci sono soggetti in particolare che fotografi con più piacere e altri che, invece, non ami fotografare?

Ninni – La risposta a questa domanda è implicitamente contenuta nella mia precedente affermazione: io non fotografo un evento (una sfilata, una manifestazione, la partita di calcio, il concerto), ma preferisco creare la cosa che voglio fotografare e che viene messa in atto perché c’è la fotografia. Ad esempio, per la serie che sto realizzando negli ultimi tempi e che si chiama “soggetti di affezione”, chiedo a delle persone di venire nel mio studio con degli oggetti rappresentativi della propria esistenza (del proprio passato, delle proprie passioni, emozioni) e realizzo degli scatti.

Io – Dunque non vi è casualità nelle tue foto, non immortali immagini di un accadimento accidentale?

Ninni – No, assolutamente. Le mie foto non sono un reportage. Sono contrario al reportage. Nella parola stessa “reporter”, come dice il famoso fotografo italiano Olivo Barbieri, c’è già la volontà di portarsi via qualcosa. Il Reporter ruba, preda; anche se le finalità sono le migliori, cioè sensibilizzare, informare, far conoscere, il fotografo fa sempre il suo interesse, “porta via”. Invece, il mio desiderio è di lasciare qualcosa fotografando.

Io – La tua fotografia è colma di significati impliciti, di simbolismi, in particolar modo nella serie “The form’s machine”. Quali sono le emozioni che speri di trasmettere attraverso i tuoi scatti?

Ninni – L’ambito nel quale cerco di muovermi è quello della fotografia concettuale, di creare lavori per progetti che realizzo cercando di comunicare qualcosa a chi osserverà. Non mi interessano le emozioni, ma indurre le persone a riflettere. Non m’importa il giudizio sulla foto o sul soggetto della stessa. Mi interessa che essa, brutta o bella, faccia meditare.

G.Oggi la fotografia è uno strumento nelle mani di molti. Qual è l’elemento, oltre alla tecnica, che differenzia la fotografia professionale da questa sorta di mercificazione dell’immagine immortalata?

Ninni – Non credo sia corretto parlare di mercificazione. E’ un uso diverso che si fa della foto. Io nel mio biglietto da visita ho scritto fotografie, perché la fotografia non è una sola, ci sono tanti approcci e ognuno può scegliere quello che ritiene più opportuno.

Semmai posso dire cosa differenzia la mia fotografia dall’uso che, ad esempio, di essa se ne fa sui social: nel mondo social, e cito una frase di un autorevole critico, Michele Smargiassi, la fotografia consiste nel dire “ho visto questo, guardalo anche tu”. Io invece fotografo qualcosa e voglio dire: “ho visto questo e ho pensato… che ne pensi?”

G.quindi i confini della fotografia sono labili, mobili… Ma come spiegheresti l’uso così smodato di foto nelle conversazioni social?

Ninni – Si lo sono. La fotografia che si fa e si dà subito in pasto agli altri sui social è stata definita “fotografia conversazionale”. Oggi, la fotografia viene usata al posto della comunicazione non verbale.

In questo momento io e te, parlando, ci esprimiamo con il linguaggio verbale, cioè con il significato delle parole, e con il linguaggio non verbale che è il tono della voce e il linguaggio del corpo. Sui social mancano questi ultimi due elementi della comunicazione, vi sono solo le parole con il loro significato. Per ovviare a questo deficit si usano le emoticon che servono, appunto a sostituire il linguaggio non verbale. Alla stessa funzione assolve la fotografia: colma le lacune della realtà virtuale.

G.Siamo in un periodo di revival della fotografia. C’è un interesse diverso, si ritorna ad apprezzare l’immagine statica. La nostra regione e il nostro paese promuovono questa forma d’arte?

Ninni – Sì, ultimamente c’è una maggiore attenzione per le mostre fotografiche anche nel Sud Italia. Nella nostra zona sono state allestite delle importanti mostre a Putignano; in questi giorni c’è a Gallipoli una mostra di Oliviero Toscani; poi è anche concesso più spazio agli artisti minori.

G. Quali sono le emozioni che provi quando esponi le tue opere?

Ninni – Sono una persona abbastanza disincantata. Le cose che non ho ancora fatto le carico di aspettative, poi una volta che le realizzo non mi entusiasmo molto. Mi entusiasmo solo per i successi di mio figlio, non per i miei. Che poi non li vivo come successi, sto solo cercando di dimostrare a me stesso che avrei potuto…invidio una sola persona: quella che avrei potuto essere…

G.Hai ricevuto più di una conferma del tuo talento. Non mi sembra che sia in discussione o che abbia bisogno di ulteriori conferme.

Ninni – Devo ancora dimostrare, a me stesso, di avere talento in fotografia…vorrei citare una frase di un Presidente degli Stati Uniti di cui non ricordo il nome “Non il talento, che di talenti sprecati è pieno il mondo, non il genio, che di geni incompresi è pieno il mondo, ma la perseveranza”. Ecco, io, oltre a non avere genio e talento,non ho nemmeno perseveranza, dote indispensabile.

G.Cosa occorre, ad una persona come te, per essere il fotografo che sei?

Ninni – Se mi avessero detto quando ho ricevuto la mia prima macchina reflex, nel lontano ’79, che alla vecchiaia avrei fatto l’artista visuale, non c’avrei mai creduto. In realtà non sono sufficienti una reflex e un corso di fotografia per essere fotografo. Non bastano i libri di tecnica fotografica, ma anche di immagini di grandi fotografi e testi di filosofia, psicologia, sociologia applicata alla fotografia. Leggo un po’ di tutto, perché dappertutto cerco idee da trasformare in progetti fotografici. Anche se poi ne ho più di quelli che riesco a realizzare, alcuni li ho da anni nel cassetto, questo potrebbe essere il momento per tirarli fuori. Ora o mai più…

G.- Grazie Ninni per la tua disponibilità…

Ninni – Grazie per la tua attenzione!


domenica 18 Marzo 2018

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