Cultura

Affrontare il dolore della perdita: il libro di Calabrese per “portarsi in salvo”

Anna Mazzarino
Un momento della presentazione del libro di Vito Calabrese
Organizzato dall'Associazione Psicologi di Fasano, l'emozionante evento ha ospitato lo psicologo e autore del libro "Portare la vita in salvo" Vito Calabrese
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«Paola amava la musica, come anche Vito». Con questa frase, accompagnata da un lieve vibrare di corde di chitarra, si è aperta l’emozionante presentazione del libro scritto dallo psicologo e psicoterapeuta barese Vito Calabrese “Portare la vita in salvo”.

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Il libro tratta, ma non racconta, del tragico episodio che ha visto come protagonista sua moglie Paola, psichiatra di 53 anni, uccisa da un paziente presso il Servizio di Igiene Mentale il 4 settembre 2013.

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L’evento, organizzato dall’Apsi (Associazione Psicologi) di Fasano e tenutosi ieri 30 marzo presso il Laboratorio urbano, fa parte delle presentazioni che caratterizzano il “Laboratorio in festa” che quest’anno come tema ha proposto quello dell’esclusione che verrà articolato, nei giorni a venire, con una serie di iniziative.

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L’autore ha più volte sottolineato che, nonostante il voler ricordare e la necessità di dimenticare, ha preferito «non essere condannato al silenzio, sequestrando le parole all’oscurità» che, come un velo, copre la vita quando fa più male, portandolo così a dedicarsi alla scrittura.

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Attraversando insieme ai presenti gli stralci fondamentali del libro, grazie alle domande dei due intervistatori, è stato possibile anche comprendere i timori di un padre nel dover comunicare ai propri figli la perdita della madre, nel doversi relazionare in un «posto che esiste e non esiste, dove la gente ti tratta bene, ma non sopporta quando ti esponi» e nel dover affrontare la «pornografia del dolore»: l’attaccamento morboso delle persone agli show televisivi che tendono a teatralizzare gli eventi tragici solo per fare audience.

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Altro tema emerso durante l’incontro è stato quello della depersonalizzazione dei pazienti ad opera di alcuni psichiatri che tendono a «concentrarsi sui drammi, dimenticando ciò che può salvare la gente; che sia poesia, scrittura o musica». Proprio grazie a questo, Calabrese ha riportato l’attenzione sull’omicidio della moglie e su quanto lui voglia «umanizzare l’uomo che l’ha uccisa così da non portarsi dentro il mostro del rancore, nonostante sia un rumore che la vita porta sempre con sé».

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Tale intervista ha portato anche a chiedersi se esistesse davvero un dolore perfetto, come quello citato in una delle tante letture fatte durante l’evento, o se non fosse questo solamente «l’impossibilità di sfuggire a ciò che ci tocca vivere».

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In breve, «Non si può portare in salvo la vita da soli. Non siamo fatti per la solitudine» ha chiosato Vito Calabrese.

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venerdì 31 Marzo 2017

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