Tomasi di Lampedusa, che fu principe proprio dell'isola dove oggi approdano disperazione e calcolo, ne Il Gattopardo faceva dire a Tancredi: "Bisogna che tutto cambi, perchè tutto rimanga come è". Questa frase ha trovato corpo nei fatti e il cinismo nel tempo l'ha confermata. "I Tragediatori", volume (edito Rubbettino) di Francesco Forgione già Presidente della Commissione parlamentare Antimafia, è stato presentato ieri nella Sala di Rappresentanza; a dialogare con l’autore il giornalista Mario Valentino che ha coordinato gli interventi del senatore Nicola Latorre, del Procuratore Capo presso il Tribunale di Brindisi Marco Dinapoli e del vicequestore aggiunto del commissariato di Polizia di Monopoli Walter Lomagno.
nUn libro coraggioso e trasgressivo che racconta il ventennio grigio dell’antimafia, fatto da faide interne e contraddizioni. Questo saggio sfida il lettore già a partire dal titolo: i “tragediatori” sono infatti i pentiti di mafia o quelli che dissimulano.
nForgione adopera la Sicilia a mo’ di metafora utile per descrivere l’Italia intera in cui è concreta la percezione di una mafia sedimentata; a tal proposito Nicola Latorre ha ricordato l’esistenza di più mafie oggi che fanno ricorso alla “strategia della sommersione”, lasciando a “picciotti in giacca e cravatta” l’impegno di trattare con lo Stato. “I tragediatori” ricorda che per troppo tempo l’antimafia non ha saputo discutere di se stessa e del suo modo di essere, ostracizzando il pensiero divergente di chi desiderava un suo miglioramento, combattendo il mancato garantismo, l’onnipotenza dei pm e la magistratura da propaganda in tv. Questo libo si pone il duplice obiettivo di schernire la mafia come solo un pungente pamphlet sa fare e di parlare con forza di crisi di credibilità dell’antimafia: da questo bisogna partire con lucidità, rilanciando una cultura che lasci i riflettori per tornare alle vittorie nel sociale.
n