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Disordini in piazza a Torino, fasanese racconta la sua drammatica esperienza

Vincenzo Lagalante
Fufi Carparelli
Fufi Carparelli: «Quello che ho vissuto sabato a Torino è quello che vivono tutti i giorni i popoli a cui voi rompete il **** per i vostri schifosi, sporchi ed infimi interessi»
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C’erano anche alcuni fasanesi, sabato scorso in piazza San Carlo a Torino, ad assistere alla partita di Champions League tra Juventus e Real Madrid. Altri hanno vissuto, a pochissima distanza, i momenti concitatissimi della calca verificatasi nei minuti finali dell’incontro quando si è sparsa, in maniera incontrollata e non veritiera, la voce di una bomba scoppiata in piazza (era un petardo). Voci che hanno provocato un fuggi fuggi generale e il ferimento di 1.527 persone (tre in condizioni gravi), vittime soprattutto di cadute. Questo episodio ha dimostrato come nella mente dell’uomo c’è paura di restare vittime di attacchi terroristici e anche lo scoppio di un petardo può far pensare ad un attacco kamikaze.

«Quello che ho vissuto sabato a Torino è quello che vivono tutti i giorni i popoli a cui voi rompete il **** per i vostri schifosi, sporchi ed infimi interessi. Via i confini dal mondo, l’odio, le razze, i soldi, la ***** che sta invadendo solo noi comuni mortali che le strade le viviamo e lottiamo ogni giorno per essere felici con poco. Lottiamo ogni giorno affinché tutti possiamo essere uguali, affinché l’amore e il rispetto reciproco vincano, affinché nessuno debba scappare». Questo è il messaggio che Fortunato (Fufi) Carparelli ha scritto sul suo profilo Facebook a qualche ora di distanza dai momenti che ha vissuto in un pub a poche decine di metri da piazza San Carlo a Torino.

Il giovane fasanese, ex calciatore della locale squadra di calcio, era di passaggio sabato sera a Torino per salutare un amico fraterno, anch’egli fasanese. Era di ritorno da un lungo viaggio durante il quale ha toccato diverse città europee. «Sei ore – afferma Fufi Carparelli a FasanoLive – che sono tra le più forti della mia esistenza. Ho visto con i miei occhi cosa vivono quelle persone vittime degli attacchi terroristici, ma anche e soprattutto coloro che ogni giorno sono bombardati dai Paesi Occidentali per i loro sporchi interessi».

Durante quei concitati momenti, eri lontano dalla calca peggiore?
«Ero in centro, in un pub, che guardavo la partita: a poche decine di metri da piazza San Carlo. Ad un certo punto ho visto di colpo la stragrande maggioranza della gente alzarsi dai tavoli, correre, scappare, gente che non sapeva dove andare. La prima cosa che ho fatto è scappare via, lasciare il mio zaino: in quei momenti non sai cosa sta succedendo, e corri. Nel pub c’erano 300 persone credo, in pochissimi secondi il locale si è svuotato».

Cosa hai provato?
«Stranamente, nonostante sia una persona che si fa prendere dalle emozioni, sono stato molto freddo. Ho pensato di calmare le persone che in quei momenti vivevano momenti di nervosismo, allontanandomi per pochissimo tempo dal bar. Una volta tornato all’interno, forse inconsciamente, ho percepito che quelle voci che parlavano di un attacco terroristico non erano vere, non c’erano stati spari, non c’era alcuna minaccia per noi. Mi sono quindi tranquillizzato».

Cosa hanno visto i tuoi occhi?
«Sono stati curiosi: ho voluto vedere ciò che c’era in giro e ho scoperto cose mai viste. Gente disperata, che si abbracciava, che piangeva, e la paura era fortissima. Le tante persone presenti in zona volevano scappare. Giovani e meno giovani con le scarpe in mano, chi ne indossava solo una, chi correva senza maglia, chi aveva il volto sanguinante. Sangue sui muri e per terra, gente col megafono che cercava amici e familiari».

Leggendo le pagine dei giornali e i vari social network, cosa ti senti di dire?
«Che siamo fortunati nell’abitare in una nazione dove finora non è accaduto nulla di grave. Ma noi gente comune stiamo rischiando la nostra vita per colpa dei governi: noi siamo innocenti. I terroristi, che non voglio ovviamente difendere, ci vogliono far vivere ciò che le loro famiglie vivono ogni giorno: noi occidentali andiamo nei loro Paesi ed interrompiamo le loro vite. E così non va bene».

mercoledì 7 Giugno 2017

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