Attualità

«Un anno fa, sulla metro di Bruxelles, ho rischiato di morire»

Vincenzo Lagalante
Francesco Palazzo
Il 22 marzo dello scorso anno la strage alla metro di Maelbeek: ci furono 20 morti e, su quel convoglio, viaggiava anche il fasanese Francesco Palazzo / ESCLUSIVA
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La vita ha ripreso a girare ai suoi ritmi normali, dal turismo agli eventi culturali, ma a un anno dagli attentati del 22 marzo all'aeroporto di Zaventem e alla stazione metro Maelbeek Bruxelles non dimentica. E oggi è il giorno della commemorazione della strage più grave della sua storia. La capitale belga oggi ha ricordato le vittime. La lunga giornata di commemorazioni è iniziata all'aeroporto: un minuto di silenzio è stato osservato alle 07.58 all'aeroporto di Zaventem, alle 9.11 alla stazione della metropolitana di Maelbeek. 

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Sul convoglio in cui sono morte 20 persone c’era anche il fasanese Francesco Palazzo, da due anni impegnato presso la Commissione Europea. Lei era sul terzo vagone, l’attentatore sul secondo: ci racconta la sua esperienza?
Il 22 marzo 2016, mi stavo recando presso il mio luogo di lavoro e viaggiavo sul terzo ed ultimo vagone della metropolitana. Preciso che quella mattina ero in ritardo e, quando sono giunto alla stazione di Herrmann-Debroux, il treno era già pronto sul binario e sono riuscito a prenderlo al volo, entrando appunto nell’ultimo vagone, quando generalmente prendevo posto nei primi. Ricordo bene che durante il tragitto stavo leggendo sul mio cellulare le notizie che arrivavano dall’aeroporto di Zaventem.

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Dicono che quando si vive una esperienza di forte impatto emotivo, nei giorni seguenti si tende a ricostruire ogni momento di quanto è accaduto immediatamente prima ed io ricordo bene che ad un certo punto fui tentato di cambiare vagone poiché di fronte a me c’era una donna che infastidiva gli altri viaggiatori; ma poi sono rimasto al mio posto.

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Arrivati alla stazione di Maelbeek sono stato stordito da uno scoppio tremendo, un rumore che ho continuato a sentire nelle mie orecchie per diverse settimane. I passeggeri della metro, me compreso, sono stati assaliti dal panico: ho capito subito che si era trattato di un attentato terroristico. A quel punto ho deciso istintivamente di nascondermi sotto i sedili, temendo che qualcuno potesse iniziare a sparare; la gente piangeva e gridava, era buio, le porte del convoglio erano chiuse ermeticamente. Dopo pochi istanti il fumo si è fatto sempre più intenso e per fortuna qualcuno ha deciso di rompere il finestrino vicino alla mia poltrona.

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Nonostante la paura che ci potesse essere un ulteriore attacco fuori dal convoglio ho deciso di uscire dal finestrino, scavalcando i sedili, anche perché il fumo non mi permetteva più di respirare, ho fatto di corsa le scale della metro e sono uscito insieme a decine di altri passeggeri. Nonostante lo shock, ho deciso di rassicurare la mia famiglia, scrivendogli un sms: “Non preoccupatevi, io sto bene, sono già a lavoro”, dopodiché la mia preoccupazione è stata quella di raggiungere il mio posto di lavoro, dove sono stato assistito dai colleghi e dagli operatori di primo soccorso. Fuori, per strada, decine di feriti venivano soccorsi dal personale medico».

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Lei ha deciso di non raccontare quanto accaduto sul momento, solo dopo un anno ha deciso di voler ricordare. Come mai?
n«Ho pensato di salvaguardare la serenità della mia famiglia. Vivo a Bruxelles da due anni ormai, ma ormai sono più di dieci anni che, per periodi più o meno lunghi, sono lontano da casa. Ho vissuto a Bordeaux, Hastings, Londra, Roma, Madrid e Tirana, e so bene quanto sia difficile per i miei genitori sapermi a migliaia di chilometri lontano da casa. Questa scelta di “tenermi dentro” il ricordo dell'attentato in metropolitana mi ha anche permesso di elaborare meglio la vicenda e, perché no, coglierne anche gli aspetti positivi. Attualmente sto ancora seguendo un percorso di cura».

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Che ricordo l’è rimasto di quel giorno?
n«Avete presente quando le vittime di eventi tragici vengono intervistate in tv e gli si chiede: “Che cosa ha provato in quel momento?” Bene, è tutto vero, finché non si vive un esperienza così forte non si può capire. È assolutamente vero che pochi istanti diventano interminabili, che i pensieri sono tantissimi, che si rivivono momenti e ricordi belli della vita, pensi ai tuoi cari, fai mille promesse e allo stesso tempo sai in maniera innata cosa fare per salvarti. Non le nego che il mio primo pensiero è stato “Se ne esco vivo domani me ne torno a Fasano!” Quello che mi rimane di quel giorno ha aspetti diversi: da una parte la paura, le urla della gente e l’odore fortissimo di metallo bruciato che non dimenticherò facilmente. Ricorderò quando, fuori dalla stazione, iniziavano ad arrivare i primi feriti, il sangue sui loro vestiti, il panico per strada, il suono delle ambulanze.

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Quando nei giorni seguenti mi è capitato di guardare sul pc le foto del vagone fatto esplodere mi sono chiesto: “Ma è davvero accaduto a me? E adesso che faccio?”. Il fatto che io possa raccontare quello che mi è successo il 22 marzo scorso, mi ha fatto maturare una consapevolezza diversa del vivere quotidiano, di quanto preziosa sia la vita, e quanto spesso non ci rendiamo conto del valore che hanno le piccole cose, i momenti con gli amici, la famiglia e gli affetti, di cui spesso dimentichiamo l’esistenza, sempre più attratti dai beni materiali».

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Si è recato presso le autorità o la polizia a denunciare il fatto?
n«Sì e a questo riguardo vorrei raccontare un aneddoto molto particolare. La mattina dell'attentato indossavo un cappello di lana blu che una mia cara zia di 85 anni aveva cucito per me, ma nell'incidente l'ho perso e solo dopo alcune settimane sono riuscito a recuperarlo, quando una email della polizia di Bruxelles mi comunicava che tra i reperti raccolti c'era il mio cappello. Questa storia è stata riportata in un articolo sul sito web interno della Commissione Europea e da allora è il mio cappello portafortuna!».

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È passato un anno da quel tragico giorno, come è cambiata la vita di quella città? Lei vive ormai stabilmente a Bruxelles: come vive la sua vita quotidiana? Ha sempre timore?
n«Non credo ci sia un posto adesso nel mondo in cui ci si possa sentire tranquilli e al sicuro. A Bruxelles, se si può, si evita di parlare dell’argomento terrorismo, anche da parte dei media. Le strade e le metropolitane sono spesso pattugliate da militari, i controlli sono maggiori, specialmente negli aeroporti di Zaventem e Charleroi, l'attenzione è stata focalizzata principalmente sui mezzi pubblici e nei luoghi di aggregazione, ma non si può assolutamente vivere nel timore, bisogna guardare avanti.

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Io ho cercato un nuova casa, vicino al posto di lavoro (quindici minuti di distanza). Inizialmente, è chiaro, vivevo nel timore di uscire di casa, di andare a lavoro, di andare a mangiare una pizza con gli amici, ma adesso sono più tranquillo, la vita riprende e, nel mio caso, con una maggiore consapevolezza del suo valore. Evito di viaggiare in metropolitana e preferisco passeggiare».

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I suoi genitori, venuti a conoscenza di quanto l’è accaduto un anno fa, le hanno chiesto di ritornare a vivere a Fasano? Vivono sempre con apprensione?
n«Sì, ai miei genitori l’ho raccontato solo a Natale scorso, ma ancora non so se ho fatto la cosa giusta. Loro sono stati il mio primo pensiero quando la bomba è esplosa, l’ultima cosa al mondo che vorrei sarebbe dargli un dispiacere, li amo molto. Non mi hanno chiesto di tornare a Fasano, sanno che ho sempre sognato di lavorare nelle Istituzioni Europee e credo che riconoscano perfettamente la mia felicità quando gli racconto del mio lavoro, così come io vedo il loro orgoglio. Sono io che a volte penso che mi piacerebbe tornare a vivere a Fasano, ma il lavoro che faccio a Bruxelles mi piace molto e mi gratifica. So che i miei genitori vivono nel timore, ma sono così bravi da non “farmelo pesare”. In particolare, mia madre, mi è parsa particolarmente tranquilla dopo che le ho detto che quando ero nella metro, ho sentito forte la presenza di una persona molto importante, un mio caro cugino che avevo perso pochi mesi prima. Sa che sono in buone mani».

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mercoledì 22 Marzo 2017

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