Attualità

La storia del carabiniere Pasquale Guarini

Massimo Vinale
Pasquale Guarini
Oggi (4 novembre), giornata dell'unità nazionale e delle forze armate, Social Politik torna a presentare la storia del carabiniere montalbanese
scrivi un commento 57

Oggi (4 novembre), giornata dell’unità nazionale e delle forze armate, Social Politik, a distanza di anni e per le mani di scrive, torna a presentare la storia del carabiniere Pasquale Guarini. Scopo dell’ulteriore approfondimento storico delle circostanze che causarono la tragica morte del nostro concittadino è quello di mantenere viva la memoria non soltanto nel “Giorno del ricordo” (10 febbraio, ndr) o in occasione dei concerti di Simone Cristicchi (Magazzino 18, ndr).

nn

Il milite montalbanese, appuntato dell’Arma, tragicamente scomparso durante le persecuzioni anti-italiane dei comunisti jugoslavi agli ordini del maresciallo Tito, è una delle tante pagine buie della nostra storia, troppo spesso rimossa dalla memoria collettiva. Sono questi, semmai, i fatti e gli avvenimenti che ogni padre dovrebbe raccontare a suo figlio e ogni scuola dovrebbe insegnare ai propri alunni. È proprio questo il buio che da troppo tempo permane anche attorno alla vicenda del carabiniere Pasquale Guarini.

nn

Il dramma del nostro concittadino ha inizio, come tanti altri, nel maggio 1945, con un epilogo che è rimasto avvolto nel mistero e nell’omertà per quasi cinquant’anni. L’appuntato dei carabinieri Pasquale Guarini, nato a Montalbano nel 1920, “scompare” nel maggio del ’45 assieme ad altri commilitoni di stanza nella caserma di Gorizia. I militi, si scoprirà in seguito, furono catturati dalle bande partigiane del maresciallo Tito, mentre erano in caserma.

nn

Dopo un breve periodo di prigionia furono caricati su alcuni camion e “trasferiti” direttamente nell’inferno delle foibe. Morirono tutti, lasciando le rispettive famiglie in preda alla disperazione. Nessuno di quei carabinieri “partiti” con l’appuntato Guarini fece mai ritorno a casa. Quasi tutti erano giovani carabinieri meridionali, mandati al confine orientale per servire la Patria. Tutti furono prelevati in caserma dai partigiani comandati da Tito, futuro dittatore comunista della Jugoslavia. Avevano la sola colpa di essere italiani. Furono deportati in un campo di concentramento, ridotti in schiavitù e, infine, massacrati di botte e gettati, ancora vivi, in una profonda voragine naturale, una “foiba”, come la chiamano da quelle parti. Ancora oggi, ad oltre settant’anni di distanza, i martiri italiani delle foibe non godono di una degna e cristiana sepoltura: i loro resti sono ancora lì, “infoibati” in quei pozzi senza fondo, immolati a migliaia sull’altare del comunismo titino.

nn

Oltre dieci anni fa, in seguito a difficili ricerche, è stato il figlio di Pasquale Guarini, Giovanni (oggi carabiniere in pensione, residente in Friuli), ad accertare la fine orrenda che fecero quei carabinieri tra i quali era suo padre, insieme a tanti altri cittadini italiani massacrati in quel modo barbaro dai comunisti slavi dopo il 25 aprile 1945, e uccisi quindi senza motivo, dato che, almeno per l’Italia, la guerra era già finita. La “pulizia etnica” in Istria, in Dalmazia e nella Venezia Giulia riguardò circa 12.000 italiani, e tra essi c’erano i carabinieri che diedero la loro vita per cercare di difendere quelle popolazioni.

nn

Lo storico Marco Pirina, membro del Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”, che ha sede a Gorizia, è riuscito a stabilire, fra le tante, l’esatta foiba dove fu gettato il nostro concittadino Pasquale Guarini: è sita nel Comune di Tarnova, oggi territorio sloveno. In quell’abisso giacciono i resti di un martire la cui memoria deve essere cara a tutti i fasanesi, specie alle nuove generazioni. ”Splenda perpetua sui figli della Pace la luce del bianco cielo quieto, quando il buio delle nostre sere nasconderà le loro croci”.

n

venerdì 4 Novembre 2016

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti