Attualità

Samuele Cofano al lavoro in Somalia per le prime elezioni dopo 40 anni: «Il momento è adesso, o mai più»

Barbara Castellano
Samuele Cofano
Samuele ormai vive a Mogadiscio dove lavora per l'Ambasciata italiana a stretto contatto con il PM Somalo e il rappresentante ONU
scrivi un commento 41

Vi avevamo già parlato di Samuele Cofano, giovanissimo fasanese laureatosi in Giurisprudenza a Lecce e con un master in Relazioni Internazionali presso l'Università di Bologna, che lavora presso l'Ambasciata italiana in Somalia. Due anni dopo la nostra intervista (leggi qui), lo ritroviamo protagonista di una fase storica cruciale per la Somalia: le prime elezioni dopo 40 anni. Inutile usare ulteriori parole di circostanza quando ci sono quelle di Samuele che con gentilezza e generosità ha conversato con noi.
n
nSamule, qual è il compito che svolgi?
n«Coordino in qualità di co-presidente, chiaramente per conto dell'Italia insieme all'Ambasciatore Carlo Campanile, i lavori politici del gruppo di lavoro PSG1 (all'interno del meccanismo internazionale "New Deal Compact") che si occupa di finanziare con fondi della comunità internazionale il federalismo in Somalia, l’approvazione della nuova costituzione e chiaramente le elezioni 2016. In tale veste, e insieme all'Ufficio di Presidenza somala e quello del Rappresentante Speciale ONU, in coordinamento con USA, Unione Europea, Gran Bretagna e Svezia (i principali donatori), presiedo la parte relativa allelezioni 2016 in Somalia. Un incarico che mi porta a incontrare spesso le commissioni elettorali indipendenti federali (la vice presidente è una italo somala) e regionali, che il mio gruppo finanzia secondo criteri di trasparenza per sostenerli in una serie di attività tra cui registrazione dei delegati, meccanismo di finanziamento, codice etico di condotta dei candidati e attività di informazione del pubblico».

nn

Qual è la situazione politica attuale in vista delle imminenti elezioni?
n«Si tratta delle prime elezioni nel Paese dopo decenni di caos e guerra civile. Forse non a torto molti somali e analisti internazionali concordano nel definire tale momento come storico per la Somalia. Ma chiaramente esiste l'altro lato della medaglia che rende quello che stiamo facendo molto gravoso perché le cose non vanno mai come vorremmo. Lo stato federale somalo è giovane e le fratture sociali in Somalia sono ampie e di non facile di risoluzione. Questo rende i processi di riconciliazione tra i diversi clan esistenti nel Paese difficilissimo, con un impatto diretto sulle elezioni: la loro finalizzazione passa per un accordo che deve essere raggiunto dalle basi claniche per la spartizione dei seggi alla Camera e al Senato. Un continuo lavorio diplomatico che cerca di accomodare il più possibile le richieste di tutti per assicurare un processo inclusivo. Chiaramente parliamo di un processo che è e deve rimanere interno. Il principio di non ingenerenza negli affari interni politici è alla base della nostra azione, anche per non essere percepiti come attori che hanno diretti interessi nel Paese, tuttavia è un processo a cui la comunità internazionale è chiamata a prestare i buoni uffici».

nn

Come ti muovi in questo scenario?
n«Per fare questo mi sposto in continuazione a Mogadiscio, incontro le autorità federali e regionali, le commissioni elettorali, le piattaforme della società civile e quelle delle ONG. Facile a dirsi, difficile a render possibile, e forse è doverosa una puntualizzazione. Alloggio all'interno dell'Aeroporto militare di Mogadiscio, praticamente una base militare protetta dalla forza di peace keeping dell’Unione Africana AMISOM, insieme a tutti i rappresentanti diplomatici e capi uffici ONU. Per ragioni di sicurezza abbiamo forti limitazioni negli spostamenti soprattutto al di fuori dell'aeroporto e quando dobbiamo recarci al palazzo governativo somalo "Villa Somalia". Al di fuori dell'aeroporto sono scortato dal servizio di protezione diplomatica dei Tuscania, un Reggimento Speciale dei Carabinieri, quelli che io chiamo i miei angeli (e tra cui ci sono anche dei pugliesi). Grazie a loro mi sposto per svolgere le riunioni».

nn

Cosa vedono i tuoi occhi?
n«Purtroppo non sono tante le foto che posso fare dall'interno della macchina blindata, ma è possibile immaginare quello che i miei occhi vedono per le strade di Mogadiscio. È difficile descrivere tali sensazioni, la miseria dappertutto e la povertà, il numero di bambini per strada senza genitori, senza cibo nè acqua, milizie private e ragazzi armati fino ai denti assoldati e alla mercè di politici, business men, e ovviamente affiliati al gruppo terroristico Al Shabaab in cerca di nuovi posti e hotel da far saltare in aria. Forse per una sorta di atteggiamento di autodifesa sono diventato leggermente impermeabile, ma non si può somatizzare tutto… sarebbe devastante per la psiche. Noi ce la stiamo mettendo tutta ad aiutare la popolazione, non in ultimo con programmi di cooperazione e programmi umanitari finanziati dalla Agenzia di cooperazione allo sviluppo italiana insieme a tantissimi altri donatori per attività sul terreno che sono poi realizzate dalle Nazioni Unite. Poi ci sono le grandi ONG, le fondazioni, la società civile: tutti insieme in uno sfrozo collettivo che tavolta sembra non essere sufficiente, non bastare mai. Perchè in Somalia non c'è solo la guerra e il terrorismo ma anche le carestie, la siccità, le malattie epidemiche e in ultimo il dramma dei rifugiati che arrivano sulle coste somale in fuga dal conflitto civile in Yemen (ironia della sorte, vero?). Si muore ancora per diarrea e colera, malnutrizione, molti consumano il Kat (una droga che qui si recupera facilmente e non costa nulla) che che attenua i sensi della fame e della stanchezza ma devasta il fisico. Talvolta mi chiedo perché Dio abbia dimenticato questo angolo di mondo che un tempo era bellissimo».

nn

Come viene ricordata l'Italia?
nL'Italia è qui ancora dappertutto, negli edifici crollati che ricordano il periodo dell'amministrazione italiana, nelle università in cui si parlava e insegnava italiano, nel nostro vecchio consolato e ospedale pubblico sede ora di sfollati e rifugiati. L'talia è negli occhi della vecchia generazione che ancora parla italiano e che ricorda gli anni d'oro di un epoca che fu. Ancora oggi, al nostro passaggio sotto forma di convoglio, molti riconoscono i Lince dei Carabinieri, corrono dietro le nostre auto e salutano l’Italia. Il nostro Paese qui strappa ancora sorrisi e vogliono vedere gli italiani popolare le strade di Mogadiscio ancora una volta, come ai vecchi tempi. E allora ti si stringe il cuore e ti sforzi di sorridere e annuire per non dire invece che i tempi per un nostro rientro sembrano ancora lontani. Forse dopo le elezioni, chissà. Sperando che tutto vada bene e che la gente non perda la vita nel tentativo di votare per un nuovo futuro, per voltare pagina e buttarsi dietro decenni di orrore. Alla gente spiego che siamo qui per loro e che aiutiamo come possiamo, perchè alla fine non siamo solo noi a volere una Somalia riappacificata e prospera ma anche tutti i loro fratelli somali che sono scappati e che aspettano il momento di poter ritornare nella loro terra e ripopolare i caffè e le bellissime spiagge bianche di Mogadiscio. Il momento è adesso, o mai più».

n

domenica 2 Ottobre 2016

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
rosa schena
rosa schena
7 anni fa

Vado fiera ed orgogliosa e mi inchino di fronte a cotanta eccellenza! …pensare che è IL FIGLIO di mia cugina, la signora Antonietta Nobile Cofano.